Passeggiando per Bologna, oggi, non ci si accorge delle numerose vie d’acqua che la percorrono, perché la maggior parte di esse è stata tombata a partire dagli anni 50 del ‘900. La rete idrica bolognese viene sistemata e sviluppa gradualmente tra il XII ed il XVI secolo allo scopo di raccogliere, canalizzare e regolare le acque dei rii e dei torrenti appenninici, la cui portata era dipendente dalle stagionalità, fatto che nuoceva all'economia cittadina. Questa regolazione permetteva poi di collegare la città al fiume Po e, al contempo, forniva acqua ed energia meccanica agli opifici della città, sfruttando il piccolo dislivello tra la collina, a sud, 76 m s.l.m. a Porta D'Azeglio, e la pianura, a nord, 37 m s.l.m. al Porto Navile. Alla base della sistemazione della rete idrica bolognese vi è la realizzazione di due chiuse, sul fiume Reno a Casalecchio, sul torrente Savena a San Ruffillo, per deviare il corso degli stessi in due canali, Reno e Savena, a loro volta collettori di diversi rivi e torrenti. Questi canali principali, dopo essere entrati in città e dividersi per alimentare una serie di vie d’acqua minori, confluiscono entrambi nel canale Navile, creato a sua volta per convogliare le acque in uscita dalla città e garantire la navigazione tra Bologna (dal suo Porto Navile) ed il fiume Po, fin verso l’Adriatico. Il sistema idrico creato ha consentito ad una città come Bologna, non dotata di significativi corsi d’acqua naturali né di uno sbocco sul mare, di recitare un ruolo da protagonista nel panorama della proto-industria europea e del grande commercio internazionale, per oltre quattro secoli.