I due fratelli Carracci, Annibale (Bologna, 1560 – Roma, 1609) ed Agostino (Bologna, 1557 – Parma, 1602), assieme al loro cugino Ludovico (Bologna, 1555 – 1619), costituiscono forse un caso unico di collettivo nella storia dell’arte, e sono tra i protagonisti del rinnovamento artistico della seconda metà del Cinquecento. Si formano nella loro città natale, Bologna, affrescando dimore nobiliari, Palazzo Fava, Palazzo Magnani e Palazzo Sampieri Talon, con decorazioni innovative per il sistema delle arti figurative del loro tempo. Propongono un superamento del Manierismo basato su una forma artistica in grado di esprimersi con efficacia e semplicità, non più aderente solo ai testi sacri, perché rivolta anche ad un pubblico ben più vasto di quello delle corti o delle accademie letterarie.
L’occasione per i Carracci di esprimere questa voglia di rinnovamento si presenta con la loro prima grande decorazione a fresco, il fregio con Il mito di Giasone e Medea, dipinto per il conte Filippo Fava a Bologna, opera conclusa con tutta probabilità nel 1584. La famiglia Fava, nel 1546, entra in possesso del Palazzo attualmente situato in via Manzoni 2 e Filippo Fava procede con importanti restauri dello stesso, grazie alla cospicua dote ricavata dalle sue nozze con Ginevra Orsi. Finita la ristrutturazione, son finiti anche i denari, per cui, per abbellire con affreschi le sale al piano nobile, vengono chiamati dei pittori poco “costosi” perché non ancora affermati, i Carracci appunto, presentati a Filippo dal proprio sarto, Antonio Carracci, padre di Agostino ed Annibale (questo secondo il biografo Carlo Cesare Malvasia, autore della Felsina Pittrice nel 1678). I lavori dovettero aver inizio con la decorazione del cosiddetto Camerino d’Europa, piccolo ambiente confinante col Salone che sarà poi affrescato con Il mito di Giasone e Medea. Dopo aver realizzato il ciclo con Il mito di Giasone e Medea nel Salone nobile, Ludovico Carracci ed alcuni suoi allievi (Francesco Albani, Bartolomeo Cesi ed altri) dipingono un secondo ciclo di affreschi raffiguranti episodi tratti dall’Eneide. È probabile che Ludovico chiamasse di nascosto Annibale, criticato dal Cesi e per questo non gradito a Filippo Fava, per alcuni riquadri. La critica recente ravvisa nel ciclo di affreschi tratti dall'Eneide una maturazione stilistica che contraddice la testimonianza di Carlo Cesare Malvasia, spostando la loro datazione dal 1584 al 1593. Siamo quindi nel 1593 e nel frattempo sono già state affrescate le stanze di Palazzo Magnani a Bologna, mentre sono prossimi gli affreschi di Palazzo Sampieri Talon, sempre a Bologna, ultima impresa collettiva dei tre artisti prima della partenza di Annibale per Roma e degli spostamenti di Agostino tra Roma e Parma.